Ieri abbiamo scoperto -con raccapriccio- che un senatore del Partito democratico, Marco Filippi, aveva presentato un emendamento al disegno di legge di modifica al Codice della strada, ora all’esame della commissione Lavori pubblici del Senato (in cui Filippi è capogruppo del Pd).
L’emendamento 2.13, si legge, prevede se approvato “la definizione, nella classificazione dei veicoli, senza oneri a carico dello Stato e attraverso un’idonea tariffa per i proprietari […] delle biciclette e dei veicoli a pedali adibiti al trasporto, pubblico e privato, di merci e di persone, individuando criteri e modalità d’identificazione delle biciclette stesse nel sistema informativo del Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale”.
Vale a dire, nascosto sotto un ambiguo lessico, bollo e targa per le biciclette: non solo -chissà perché poi- quelle “adibite al trasporto merci” o comunque ad uso commerciale ma, stando alla lettera dell’emendamento, praticamente a ogni bicicletta, qualsiasi sia il suo uso.
Durante tutta la giornata le critiche all’emendamento sono piovute tramite i social, particolarmente su Twitter, dove Filippi ha dato risposte che non hanno convinto tutti coloro che gli chiedevano conto della sua idea abbastanza fuori dal coro delle normative mondiali.
Anzi, ci hanno sconcertato.
Passato il momento della a nostro parere giustissima indignazione per un atto inutile, contrario alla logica e soprattutto in grado di azzoppare per anni la già malferma crescita ciclistica del nostro paese, buon ultimo in Europa insieme alla diversamente problematica Grecia, chiediamo -e non smetteremo di farlo- al senatore Marco Filippi di ritirare l’emendamento 2.13 dal disegno di legge 1638, di modifica del Codice della strada.